La motivazione delle risorse umane nella crisi aziendale

personale(Articolo realizzato in collaborazione con il Dott. Alessio Colantoni)

 

In situazioni di difficoltà, l’impresa raramente prende in considerazione alcuni elementi che risultano invece fondamentali per un successivo percorso di risanamento. In particolare, spesso vengono trascurate le conseguenze della crisi sullo stato emotivo dei dipendenti e quindi sulle loro performance. E’ in questo senso che si parla di burnout, intenso come quel processo stressogeno dall’esito patologico che colpisce i lavoratori sottoposti a carichi eccessivi di stress.

D’altra parte, molti contesti lavorativi, specie in uno scenario di crisi come quello attuale, richiedono una forte dedizione ed un notevole impegno, sia in termini economici sia in termini psicologici.

La prima manifestazione ricorrente in ambito di burnout è il progressivo deterioramento dell’impegno nei confronti del lavoro: un’occupazione inizialmente importante, ricca di prospettive ed affascinante diventa sgradevole, insoddisfacente e demotivante. Successivamente, si assiste a un deterioramento delle emozioni: questo significa che sentimenti positivi come per esempio l’entusiasmo, la motivazione e il piacere svaniscono per essere sostituiti dalla rabbia, dall’ansia, dalla depressione. Infine, problemi di adattamento tra la persona e il lavoro, spesso percepiti dai singoli individui come una crisi personale, mentre in realtà è il posto di lavoro a presentare problemi.

In estrema sintesi, possiamo dire che le dimensioni tipiche del burnout sono:

  • l’esaurimento, prima reazione reazione allo stress prodotto da eccessive richieste di lavoro o da cambiamenti significativi. Quando una persona sente di aver oltrepassato il limite massimo sia a livello emozionale sia fisico, inizia a sentirsi incapace di rilassarsi e di recuperare, manca di energia per affrontare nuovi progetti, nuove persone, nuove sfide.
  • il cinismo, con il classico atteggiamento freddo e distaccato nei confronti del lavoro e delle persone ad esso collegato. Il coinvolgimento emotivo si azzera fino ad arrivare a un abbandono totale dei propri ideali e/o valori. Tali reazioni rappresentano il tentativo di proteggere se stessi dall’esaurimento e dalla delusione, soprattutto quando il futuro è  incerto e le prospettive non rassicuranti.
  • l’inefficienza, ovvero una crescente sensazione di inadeguatezza, a causa della quale ogni sfida o progetto nuovo viene vissuto come opprimente. In quest’ottica, si perde anche totalmente la fiducia nelle proprie capacità e in sé stessi.

Il manifestarsi dei fenomeni di burnout si fonda su una situazione di cosiddetta “job ensecurity”. Manifestazioni di depersonalizzazione e derealizzazione personale, sindromi di esaurimento emotivo e più in generale burnout si manifestano infatti in risposta a un crescente deterioramento di valori, dignità e volontà, perdita di interesse in ambito lavorativo. In termini di crisi aziendale, viene naturalmente richiesto al lavoratore uno sforzo e un impegno maggiore e diverso rispetto a quello con cui esso si è sempre confrontato e ha sempre operato. La prima conseguenza è la perdita di controllo e del senso di sicurezza dei lavoratori: cominciano a delinearsi sintomi di deterioramento e disintegrazione delle performance personali fino ad arrivare al lassismo e alla chiusura totale, al rifiuto delle interazioni sociali. E’ durante la crisi che gli individui sentono la necessità impellente di riorganizzare il proprio stato d’essere, la propria identità, il proprio modo di fare e di lavorare, cambiando a volte in maniera radicale l’approccio lavorativo avuto per molti anni. E’ proprio il “collasso psicologico”, cioè la messa in discussione di tutti gli aspetti identitari e organizzativi, prima dati per certi e scontati, a costituire maggiore forma di stress e blocco lavorativo.

E’ anche per questo che gran parte degli studi sulla job ensecurity si fondano sul concetto di contratto psicologico. Il contratto psicologico esprime l’insieme delle reciproche aspettative tra individuo e organizzazione che non sono contenute nel contratto formale di lavoro: esso fa riferimento all’insieme dei diritti, privilegi e obblighi che ciascuna delle parti si aspetta di poter esercitare. La rottura del contratto psicologico risulta dunque una valutazione d’inadempimento da parte dell’organizzazione, generando quindi sentimento di sfiducia e delusione nel lavoratore.

Da queste considerazioni si può evincere che le conseguenze negative dell’insicurezza del lavoro possono essere opportunamente gestite e attenuate agendo su aspetti che non necessariamente fanno riferimento alla natura del contratto di lavoro. L’intensità dello scambio sociale dipende dalla misura in cui gli individui percepiscono di essere trattati favorevolmente in termini di formazione, carriera e sviluppo professionale. In tale prospettiva, lo scambio sociale può contribuire a ridurre significativamente la percezione d’insicurezza del lavoro. Pertanto bisognerà lavorare per costruire il consenso generale, neutralizzando tutti gli elementi interni che potrebbero essere causa di ulteriore crisi. Inoltre, l’imprenditore/manager dovrà essere in grado di agire con tempestività, di mettere in pratica con decisione le proprie scelte. Una presa di azione rapida e decisa segnala, infatti, leadership e crea un clima generale di fiducia che qualcosa di positivo stia per accadere.

Quest’articolo segue i precedenti:

  1. La crisi delle aziende dipende solo dalla crisi Italiana ?
  2. Approccio strutturato al governo d’impresa
  3. Utilizzare  il capitale relazionale di fornitori e clienti.

con il presente articolo sono i primi 4 su un totale di  6, che analizzano l’approccio necessario alle aziende, ancor di più in questo periodo di crisi.

I prossimi articoli saranno:
Minimizzare i costi facendo di più con meno.
Immaginare nuovi mercati con delle alleanze.