Meno imprese ricorrono al “concordato in bianco”
Meno imprese ricorrono al “concordato in bianco”
E’ apparso qualche giorno fa sul “Sole 24 ore” un articolo, a mio parere confortante, ossia la notizia che si è ridotto in modo rilevante il numero di aziende che stanno ricorrendo al concordato in bianco.
Tralasciando i numeri puntuali di tali notizia, a cui si rimanda per gli eventuali approfondimenti, ci sembra evidente che, finalmente, questo importante istituto giuridico comincia ad essere utilizzato per le finalità che gli sono proprie, ossia salvaguarda le aziende in crisi da aggressioni che possano compromettere il buon esito di una proposta concordataria.
Come abbiamo più volte commentato, sin dalla data della sua entrata in vigore (11 settembre 2012) si è assistito ad un utilizzo degenerato di tale istituto, dovuto principalmente al fatto che con la presentazione della relativa domanda si ha il blocco delle azioni esecutive (art. 168 L.F.), il c.d. automatic stay. Pertanto, le aziende in stato di grave crisi, beneficiando di questa protezione hanno utilizzato il concordato in bianco spesso per meri fini dilatori come si evince dalla differenza tra numero di domande ed i concordati effettivamente presentati. Tale isitituto giuridico, divenuto perverso, rispetto all’intento del legislatore e delle effettive potenzialità dello strumento giuridico per la risoluzione della crisi d’impresa, ha riconquistato il suo corretto ruolo con l’introduzione di alcune norme, molte previste nelD.L. 21 giugno 2013, n. 69 (c.d. “Decreto del fare”) ossia:
Arricchimento della domanda di ammissione al concordato in bianco
La società al momento della presentazione della domanda deve depositare, oltre ai bilanci degli ultimi tre esercizi, anche un elenco contenente i nomi dei creditori e rispettivi crediti.Ovviamente, si tratta di un elenco iniziale, che successivamente, dovrà essere “integrato” con gli ulteriori dati di cui al comma 2, lett. b), dell’art. 161 L.F..
Introduzione del commissario giudiziale “di vigilanza”
Il Tribunale, con lo stesso decreto con cui assegna il termine per il deposito della proposta concordataria, può nominare un commissario giudiziale.
Il commissario giudiziale, avrà un rilevante potere di vigilanza sull’amministrazione dei beni e sull’attività del debitore, il quale deve oggi tenere i libri sociali a disposizione non solo del Tribunale ma anche del commissario giudiziale stesso.
Tale vigilanza deve anche essere finalizzata all’accertamento di un’eventuale condotta fraudolenta dell’imprenditore, che, ai sensi dell’art. 173 L.F., può consistere in: occultamento o dissimulazione di parte dell’attivo, dolosa omessa denuncia di uno o più crediti, esposizione di passività insussistenti o commissione di altri atti di frode o di “atti non autorizzati a norma dell’articolo 167 o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l’ammissibilità del concordato”.
In relazione a quest’ultimo e nuovo obbligo, nel caso in cui il commissario accerti la commissione di uno dei suddetti atti fraudolenti, dovrà informarne il Tribunale, che, ottenuta conferma di quanto accertato, provvede a dichiarare improcedibile la domanda di concordato con riserva, oppure, su richiesta di un creditore o del Pubblico Ministero, il fallimento del debitore, con contestuale sentenza.
Introduzione, da parte di alcuni tribunali, di una somma da versare come deposito per le spese di procedura
Tale deposito, che va di norma da 5 mila a 20 mila Euro (calcolato normalmente sulla base del passivo emergente dall’elenco dei creditori presentato), è finalizzato ad un doppio scopo:
- Verificare l’effettiva volontà di procedere alla presentazione di un concordato e l’effettiva, anche se minima, capacità patrimoniale dell’impresa.
- Accantonare delle somme per il pagamento dei compensi del commissario giudiziale “di garanzia” relativamente alle attività preliminari svolte prima dell’effettivo deposito del Piano di concordato. Naturalmente tali somme saranno liquidate al commissario anche nel caso in cui la società rinunci o non venga ammessa al concordato.
Imposizione di obbligo informativo
L’imposizione al debitore dell’obbligo informativo in fase di pre-concordato non è più, pertanto, soggetta alla discrezione del Tribunale. Essa, deve riguardarenon soltanto la gestione finanziaria dell’impresa ma anche l’attività compiuta dall’imprenditore in vista del deposito della proposta e del piano concordatario. Ad esempio deve riscontrare che l’azienda, laddove non lo avesse fatto preliminarmente alla presentazione del ricorso per l’ammissione del concordato in bianco, si sia organizzata per la predisposizione del Piano concordatario, nominando gli advisor e l’attestatore e che stia effettivamente lavorando su tale attività.
Altro obbligo previsto in capo al debitore consiste nel depositare mensilmente la situazione finanziaria dell’impresa, che il cancelliere provvederà, entro il giorno seguente, a pubblicare nel Registro delle Imprese consentendo a tutti gli interessati di verificare l’andamento dell’azienda in questo periodo intermedio e il formarsi dello stato passivo.
Nel caso d’inottemperanza dei suddetti obblighi il Tribunale può dichiarare inammissibile al beneficio di concordato preventivo o può, laddove ne ricorrano i presupposti, dichiarare il fallimento della società ai sensi dell’art. 162 comma 2, L.F..
Nel caso in cui, invece, dalle informazioni acquisite emerga l’inidoneità dell’attività del debitore, il Tribunale, anche d’ufficio e sentito questi ed anche il commissario giudiziale, provvede ad abbreviare il termine concesso con decreto ex art. 161, comma 6, L.F.
Mancata prededucibilità
La legge 21 febbraio 2014, n. 9 che ha convertito, con modificazioni, il decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145 (c.d. «Destinazione Italia») pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 43 del 21 febbraio 2014, chiarisce al comma 3 quater dell’articolo 11 che la disposizione di cui all’articolo 111 L.F. si interpreta nel senso che:
I crediti sorti in occasione o in funzione della procedura di concordato preventivo aperta ai sensi dell’articolo 161, sesto comma, L.F., sono prededucibili alla condizione che la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo del citato articolo 161 siano presentati entro il termine, eventualmente prorogato, fissato dal giudice e che la procedura sia aperta ai sensi dell’articolo 163 L. F., senza soluzione di continuità rispetto alla presentazione della domanda ai sensi del citato articolo 161, sesto comma, L. F..
Questo articolo, del Decreto Destinazione Italia, ha creato un vero e proprio terremoto nella gestione dei concordati. L’intento del legislatore era, evidentemente, di evitare che i professionisti possano prestarsi ad assecondare l’imprenditore sulla strada del concordato in bianco con meri fini dilatori, non garantendo la prededucibilità dei loro compensi nel caso di fallimento della società. Tale intento (che dovrebbe, forse, fare pensare la categoria dei professionisti che si affollano sempre più numerosi e sempre meno preparate nelle risoluzioni delle crisi d’impresa) appare finalizzato a riportare allo spirito originale voluto dal legislatore la norma sul concordato in bianco, ed è quindi, in tal senso, coerente.
Analizziamo, alla luce di questa nuova norma, qual è il comportamento che gli interlocutori dell’azienda in concordato in bianco dovranno attuare:
Professionisti: nel caso in cui l’azienda possa avere la finalità effettiva di risoluzione della propria crisi, soprattutto attraverso un concordato di continuità, risulta evidente debbano essere necessarie delle attività preparatorie al concordato e che pertanto un professionista possa, abbastanza semplicemente (a meno che l’imprenditore non abbia occultato delle informazioni rilevanti), comprendere se vi sono le condizioni per la presentazione e l’ammissione dello stesso concordato o meno. Naturalmente vi è un alea di rischio, che il professionista, con la sua esperienza, valuterà e giudicherà se investire del tempo nel seguire l’azienda nel percorso finalizzato alla presentazione del concordato. Naturalmente, sarebbe irragionevole seguire delle imprese che si ritiene non abbiano le condizioni per la presentazione del concordato in quanto, come chiaramente indicato nella norma sopra citata, i compensi, nel caso di fallimento, non avrebbero la tutela della prededuzione. Si ricorda, in tal senso, che gli incassi dei professionisti sono sicuramente salvaguardati per le attività svolte preliminarmente alla presentazione del concordato laddove il professionista abbia emesso regolare fattura e questa sia stata pagata alla scadenza. Infatti, l’art. 67 comma g della Legge Fallimentare, recita testualmente che non sono soggetti ad azione revocatoria “i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali di amministrazione controllata e di concordato preventivo.”
Banche: Per quanto concerne i finanziamenti bancari (cd finanza ponte) essi sono disciplinati in maniera autonoma dall’art. 182 quater, comma 2, L.F.. La norma prevede, infatti, che i crediti derivanti da finanziamenti “erogati” in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo sono “parificati” ai crediti prededucibili disciplinati dal primo comma dell’art. 182 quater, L.F. a condizione che detti finanziamenti siano “previsti dal piano di cui all’art. 160” L.F. e che la prededuzione sia “espressamente disposta nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo”. Pertanto, già dalla domanda di ammissione del concordato, si dovranno appalesare questo tipo di richieste, che il Tribunale potrà verificare se necessarie a maggior tutela del ceto creditorio.
Fornitori: Il quarto comma dell’art. 182 – quinquies della Legge Fallimentare che consente al debitore che presenta una domanda di concordato preventivo con continuità aziendale, anche ai sensi dell’articolo 161, comma 6, L. F., di “… chiedere al tribunale di essere autorizzato, assunte se del caso sommarie informazioni, a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, se un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), attesta che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori …”. Si ritiene, in tal senso, che anche i fornitori a cui vengono richieste le prestazioni, durante il periodo di concordato in bianco dovranno ricevere la stessa tutela, nelle stesse modalità, prevista per i cd. fornitori strategici sui loro crediti anteriori alla presentazione del concordato. Pertanto, già alla domanda di ammissione, potrebbe essere allegata l’attestazione che le prestazioni di alcuni fornitori sono essenziali per la prosecuzione dell’attività dell’impresa e funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori e pertanto, si richiede al tribunale di poter proseguire le attività beneficiando di tali prestazioni. L’autorizzazione del tribunale naturalmente, rende automaticamente prededucibili tali prestazioni.
Per ulteriori informazioni o approfondimenti non esitate a contattarci o a controllare le norme previste dalla nuova legge fallimentare.