Le attività interne del CRO

Le attività interne del CRO

Le principali attività interne del CRO, nel processo di riorganizzazione interna all’azienda, sono:

  1. assicurare discontinuità gestionale;
  2. riorganizzare l’azienda;
  3. motivare le risorse umane;
  4. verifica della governance aziendale;
  5. porsi come mediatore metodologico e culturale;
  6. re-impostare i sistemi di controllo di gestione.

Spesso il CRO fa parte di una struttura organizzata che, per massimizzare l’efficacia dell’intervento, può mettere a disposizione dell’azienda un intero team figure professionali specializzate.

Assicurare la discontinuità gestionale

Il CRO, non avendo necessità di giustificare le scelte del passato e non essendo portatore di pregiudizi verso le persone che collaborano nell’azienda, avrà una visione interna della società più chiara e asettica ed anche meno limitata nei paradigmi del lavoro da compiersi. Spesso, infatti, le idee o comunque le opportunità per ottenere un risanamento, sono in nuce nella stessa azienda. Si trovano nelle idee dello stesso imprenditore o di alcuni collaboratori, ma mancano di una loro concreta verifica di attuabilità, che si ottiene con la redazione di un business plan e molto spesso, con l’estrinsecazione di un maggiore coraggio nel procedere alla loro attuazione. Il CRO in tal senso è chiamato ad esplicitare una capacità critica e di visione del business che possa consentire un costruttivo dialogo con l’imprenditore, per ottenere una indispensabile discontinuità gestionale dell’azienda.

Riorganizzare l’azienda

Naturalmente oltre che in termini d’idee e di visione del business il CRO deve assumere un ruolo di riorganizzatore dell’azienda, verificando criticamente «chi, fa cosa e quando» anche in un’ottica di ottimizzazione dei costi.

La riorganizzazione dei processi e l’ottimizzazione dei costi può essere attuata seguendo due direttrici:

– l’ottimizzazione delle risorse rispetto al lavoro;

– l’ottimizzazione del lavoro rispetto alle risorse.

Nel primo caso, data una determinata organizzazione aziendale, si ottimizzano le risorse utili per farla funzionare. Pertanto, sarà necessario, a titolo di esempio, rivedere i contratti con i fornitori, diminuire le persone impiegate nelle funzioni aziendali e tagliare le spese generali. Tra le più delicate attività interne del CRO, funzionali alla realizzazione del Piano industriale, vi è quasi sempre, la riduzione del personale, questo può avvenire in via temporanea, utilizzando gli ammortizzatori sociali o in via definitiva, attraverso forme di licenziamento, individuale e collettivo. Compito del CRO, in tal senso, è anche quello di partecipare alle riunioni sindacali, rappresentando le nuove linee strategiche dell’azienda e spiegando il percorso che s’intende compiere, mettendo a disposizione le sue esperienze pregresse, al fine di contemperare, nel miglior modo possibile, gli interessi dell’azienda e quelli dei lavoratori coinvolti.

Queste importanti azioni sono però poca cosa rispetto alla seconda direttrice da seguire, ossia l’ottimizzazione del lavoro rispetto alle risorse. In tale direzione si riorganizzano i flussi di lavoro rivisitando, anche in modo molto incisivo, l’organizzazione aziendale.

Infatti, non sempre alcune procedure, date per scontate nelle aziende, sono necessarie. Dipende dal valore aggiunto che esse portano, in termini di performance. Si possono immaginare tantissimi modi di rivedere i flussi di lavoro e le funzioni che li governano, ad esempio accorpando o suddividendo responsabilità. Anche in questo caso l’esperienza del CRO ed i colloqui che realizzerà con i dipendenti e collaboratori, forniranno un supporto decisivo alla realizzazione del nuovo disegno organizzativo.

Motivare le risorse umane

Il CRO deve svolgere anche una funzione di ri-motivazione delle risorse umane. In tal senso la semplice nomina di questa figura manageriale «chiave» rappresenta un segno tangibile, per i dipendenti e i collaboratori, della volontà dell’imprenditore di intraprendere un percorso di cambiamento e di risanamento, di cui anch’essi dovranno essere protagonisti. Spesso, tale nuova situazione, se correttamente veicolata e rappresentata agli stessi dipendenti e collaboratori, può essere trasformata in un momento motivazionale, che li stimoli a partecipare attivamente ad un processo di rinnovamento, determinante anche per preservare e valorizzare la propria posizione lavorativa. Fondamentale, nella realizzazione di questo percorso, è la necessità di salvaguardare e valorizzare il know how, ovvero quel patrimonio di conoscenze della forza lavoro che costituisce, sempre più, un asset strategico e che fa parte a tutti gli effetti degli intangible (insieme a brand, tecnologia, ecc.). In tal senso si può immaginare che la struttura operativa al termine del processo di riorganizzazione sopra descritto, sia composta esclusivamente dalle risorse chiave a cui l’azienda ha deciso di affidare il proprio rilancio. Tuttavia, tali risorse, sottoposte alle invitabil pressioni ed incertezze del periodo di rioganizzazione, potrebbero essere poco performanti. In sociologia questo fenomeno viene definto “burnout”. Tale processo colpisce i lavoratori sottoposti a carichi eccessivi di stress, nel caso di specie, fondato su una job ensecurity. Pertanto il CRO dovrà prevedere adeguate azioni di motivazione del personale al fine di garantire il necessario commitment e la massima efficienza operativa richiesta in un periodo in l’azienda vuole ripartire adottando nuove modalità manageriali, decisionali ed operative.

Tra le proposte che il CRO può avanzare vi è quella di un cambio di governance dell’azienda in particolare per quanto concerne gli assetti proprietari e il management, con la possibilità di aprire gli organi societari a consiglieri indipendenti.

Verifica della governance aziendale 

Tra le attività interne del CRO annoveriamo una proposta che può avanzare, al fine di dare maggiore solidità e credibilità al processo di turnaround, quella di un cambio di governance dell’azienda in particolare per quanto concerne gli assetti proprietari e il management, con la possibilità di aprire gli organi societari a consiglieri indipendenti. Queste soluzioni non sono sempre necessarie ma, alcune volte la pre-esistente struttura di governance aziendale non sembra rispondere adeguatamente alle richieste di cambiamento, necessarie al risanamento. In altri casi, proprio per avere condotto l’azienda nella crisi, tali strutture di gestione risultano annichilite e non hanno facilità nel prendere decisioni, malgrado il supporto del CRO. Oppure, ancora, hanno perso credibilità sul mercato ed il loro cambiamento è richiesto dagli stakeholder, come condizione essenziale per aderire ad un Piano di risanamento.

Porsi come mediatore metodologico e culturale

Altra peculiare e delicatissima funzione del manager della crisi è quella di rappresentare lo snodo, o meglio di diventare il «cuscinetto culturale» tra tutti i soggetti che operano per il risanamento (advisor e banche principalmente) e l’azienda. Molto spesso, infatti, vi sono alcune modalità operative, technicality ma anche linguaggi tecnici, tipici del processo di risanamento aziendale, ma che sono molto lontani da quelli utilizzati nella ordinarietà nella vita aziendale ordinaria. Il CRO avrà, in tal senso, il compito di mediazione metodologica tra l’azienda ed i soggetti coinvolti nel suo risanamento

Re-impostare i sistemi di controllo di gestione

Quasi sempre, tra le attività interne del CRO troviamo il dover impostare o re-impostare il controllo di gestione nell’azienda. Non tutte le aziende, infatti, dispongono di strumenti di gestione aziendale performanti, che consentono ad imprenditori e manager di gestirle, avendo una chiara visione del percorso che si sta compiendo. A volte, proprio la mancanza di tali strumenti, conduce l’azienda alla crisi. Le sotto-performance non sono adeguatamente gestite perché non si conosce da dove traggono origine e quali sono le leve per modificarle. Per tale ragione, il supporto di un controller molto strutturato risulta essenziale al CRO nel suo percorso di risanamento.

 

Francesco Melidoni,
Amministratore Delegato
MOD – Management on demand