Nuove professioni e soft skills
Ogni anno la richiesta di professioni ICT cresce mediamente del 26%, con picchi del 90% per le nuove professioni legate alla Trasformazione Digitale come i Business Analyst e i gli specialisti dei Big Data, a sottolineare l’evoluzione verso l’azienda “data driven”. Cresce complessivamente del 56% la richiesta delle nuove professioni digitali: specialisti in Cloud, Cyber Security, IoT, Service Development, Service Strategy, Robotics, Cognitive & Artificial Intelligence. C’è decisamente più richiesta nel Nord ovest, in cui si concentra il 48% della Domanda.
I professionisti Ict richiesti nel triennio 2016-2018 sono, secondo le ultime stime, circa 85mila, di cui 65mila sono nuovi profili e circa 20mila lavoratori già dipendenti da riformare. Dalle università provengono invece ogni anno solo circa 8mila neo laureati che possono soddisfare solo in parte questa richiesta di nuove competenze. La portata dello skill gap, numeri alla mano, è facilmente intuibile ed è ancora più preoccupante se pensiamo che alle capacità di natura tecnologica devono essere affiancate le cosiddette “soft skills”, e quindi competenze di processo e di gestione.
Ma la sfida più importante per le aziende è favorire ed educare i propri lavoratori ad un cambiamento continuo delle competenze, ad una evoluzione dei metodi di lavoro e delle conoscenze che consentono alle aziende ed ai lavoratori di rimanere protagonisti ognuno sul proprio mercato. Il cambiamento culturale dei lavoratori dovrà essere quello di richiedere processi di formazione, non solo su specifiche competenze tecniche ma anche di sviluppo e valorizzazione dei propri soft skills. Un grande aiuto ad aziende e lavoratori può essere rappresentato dall’ingresso in azienda di giovani nativi digitali, formandoli dentro l’organizzazione attraverso un’attenta attività di mentoring e affidando loro progetti e responsabilità in parallelo con gruppi più strutturati. Indurre ossia un confronto attraverso la competizione delle competenze.